Un vademecum per il Quirinale, le tesi non scritte di Franceschini- Corriere.it

Un vademecum per il Quirinale, le tesi non scritte di Franceschini- Corriere.it

Un vademecum per il Quirinale, le tesi non scritte di Franceschini- Corriere.it


Dovrebbe scriverci un libro, ma Franceschini pubblica solo romanzi. Eppure «Quirinale: vademecum per non fare fesserie» sarebbe un testo di successo. Il ministro della Cultura ha un’esperienza che nel Palazzo pochi altri possono vantare: ha visto da vicino l’elezione di tre capi di Stato, conosce le regole della Corsa, le sue insidie, l’approccio metodologico necessario alla costruzione di un’intesa che segna poi la politica per sette anni. E i precedenti sono un formidabile strumento per approcciare la scelta che i grandi elettori — cioè i parlamentari e i delegati regionali — sono chiamati a fare. È meno difficile, per esempio, gestire un accordo sulla presidenza della Repubblica a inizio legislatura, perché i partiti arrivano alle Camere compatti, con gruppi motivati. E se la tela dell’intesa è stata tessuta ad arte, in linea di principio resiste agli sbreghi dei franchi tiratori.

Stavolta invece l’appuntamento cade alla fine della legislatura, con partiti indeboliti, gruppi sfilacciati e con una gran massa di parlamentari consapevoli che non torneranno più (anche) per effetto della riforma con cui sono stati tagliati i posti di Camera e Senato. In questo quadro, controllare il voto è complicato: le candidature potrebbero essere esposte al tiro incrociato delle manovre ostili (che non mancano mai) ma anche delle decisioni dei singoli, che per svariati motivi non intendessero seguire le indicazioni di partito. Pertanto solo un accordo largo potrebbe reggere l’onda d’urto del dissenso a scrutinio segreto.


D’altronde è messo nel conto che la base elettorale del prossimo capo dello Stato dovrebbe rispecchiare il perimetro della maggioranza di governo, altrimenti l’esecutivo verrebbe messo in difficoltà e la responsabilità ricadrebbe su chi perseguisse un tale disegno. «Il Quirinale non deve avere candidati di parte», sostiene Salvini. L’idea quindi che una «coalizione Ursula» possa imporsi nella corsa al Colle oggi appare irrealizzabile: per ragioni politiche oltre che numeriche. Così lo sforzo che un pezzo del Pd sta facendo per il presidente dell’Europarlamento Sassoli — che ha stretto forti legami con i 5S dai tempi dell’elezione della Von der Leyen e vanta ottimi rapporti con il forzista Tajani — sembra poco realistico persino agli occhi di autorevoli esponenti dem.

Si torna così allo schema della vasta intesa. E qui verrebbe utile il Vademecum di Franceschini sul rischio della «fesseria», sull’ipotesi cioè che una maggioranza larga — per la sua eterogeneità — possa produrre un accordo su un profilo molto basso, realizzato magari al termine di una estenuante trattativa. Ma il ministro non pubblicherà mai un simile libro. È perché scrive solo romanzi, non perché gli fa velo essere annoverato tra gli iscritti alla Corsa. In fondo, per una volta, i nomi sono tutti noti ai nastri di partenza. E per una volta il gioco appare scoperto.

È vero, in Parlamento c’è aria di rivincita: i politici vorrebbero riprendersi il primato sui tecnici, almeno nella gara per il Colle. Il fatto è che finora le proposte fatte a Salvini da alcuni legati del centrosinistra non l’hanno persuaso. E mentre il Pd confida ancora nella possibilità di convincere l’attuale capo dello Stato a farsi rieleggere, il leader del Carroccio punta su Draghi. E non è una mossa tattica. Lo ha spiegato agli uomini del suo partito: «Draghi non è di centrodestra, è una personalità internazionale che è sempre stata apprezzata dalla sinistra, Di Maio al contrario di Conte non gli voterebbe mai contro. Quindi…».

I democratici al momento oppongono la tesi che il premier serve ancora a Palazzo Chigi per completare il percorso di riforme, ma il capo del Carroccio continua a nicchiare. Si vedrà se, approssimandosi l’ora della scelta, cambierà lo scenario. Ma è un fatto che nel Pd ci sia chi non veda alternative e teme che Salvini formalizzi la candidatura. A quel punto, chi potrebbe mettere il veto? «Noi dem abbiamo una naturale vocazione al martirio — sussurra uno dei maggiorenti — però a tutto c’è un limite». Forse andrebbe scritto un capitolo apposito del Vademecum e forse ne andrebbe aggiunto uno anche sul leader del Carroccio. Perché la tesi di Salvini che con Draghi al Colle si andrebbe poi alle urne è tutta da verificare, e il suo piano B di «tornare per un anno all’opposizione» potrebbe rivelarsi un passaggio scomodo: le riforme che si stanno varando oggi, come potrebbe non votarle domani con un altro governo? Che corsa il Quirinale…

21 maggio 2021 (modifica il 21 maggio 2021 | 23:43)

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